Niger: “Siamo sotto embargo, presi dai nostri limiti e dalla nostra povertà, presi dalla nostra sicurezza e libertà"

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“Siamo sotto embargo, mi sembra costantemente; presi dai nostri limiti e dalla nostra povertà, presi dalla nostra sicurezza e libertà...”, scrive all’agenzia vaticana Fides padre Rafael Casamayor, missionario nella piccola comunità di Dosso, al termine dell’assemblea diocesana che ha visto riuniti a Niamey, insieme all’arcivescovo della diocesi Laurent Lompo, 130 tra sacerdoti, suore e delegati di tutte le parrocchie della Società per le Missioni Africane del Niger.

“È stata una gioia rivederci, soprattutto dal momento che non possiamo spostarci per motivi di sicurezza. Questi sono tempi difficili – racconta il missionario - il Niger appare ogni anno come il paese più povero del mondo, ma dopo il colpo di stato del 26 luglio la povertà del passato è visibilmente aumentata: il tragitto da Dosso a Niamey, 150 km che abbiamo percorso lo scorso aprile su una strada affollata di autobus e camion, la settimana scorsa lo abbiamo fatto praticamente da soli: non ci sono trasporti, non c’è commercio. L'economo della diocesi mi ha parlato del numero delle aziende che hanno chiuso, della mancanza di prodotti di prima necessità nei negozi, degli stipendi dei dipendenti pubblici bloccati...”.

‘Bisogna stringere la cinghia’ “è stato il messaggio che il primo ministro Ali Lamine Zeine ci ha inviato in apertura dell'Assemblea. Lo sapevamo già. Avevamo già realizzato la brusca interruzione degli interventi delle organizzazioni internazionali che finanziano progetti di supporto e che i nostri paesi vicini hanno chiuso le frontiere che ci permettevano di ricevere i generi di base; i prezzi sono raddoppiati: riso, mais, miglio, irraggiungibili. Noi siamo abituati, è quello che impariamo appena nasciamo” commenta p. Rafael.

Subito dopo l'inaugurazione dell'assemblea di Niamey il gruppo ha guardato un video sull'esperienza del confratello Pier Luigi Maccalli, rapito per più di due anni in mezzo al deserto, incatenato, oggetto di scherno da parte dei suoi rapitori, che hanno tentato di costringerlo a farlo convertire all'Islam. “Abbiamo constatato che il suo profondo senso di solitudine e abbandono anche da parte di Dio lo hanno aiutato a scoprire gli spazi infiniti del suo cuore e del suo spirito oltre che aiutato a cancellare tutti i sentimenti di amarezza e risentimento e a renderlo consapevole che quei due anni di prigionia sono stati il periodo più fecondo della sua vita missionaria”.

Una volta rientrato nella comunità di Dosso padre Casamayor ha condiviso con i fedeli gli sviluppi e le decisioni dell'Assemblea diocesana. “Questi sono incontri vitali perché creano clima, comunicano fraternità, voglia di lavorare, di vivere e ci aiutano a prendere coscienza della realtà del nostro Paese, il Niger, e della nostra Chiesa, piccola, minoritaria, ma delicata. Due aspetti hanno segnato, a mio avviso, questi giorni di fraternità: la situazione di isolamento e povertà che vive il Paese, soprattutto dopo il colpo di stato e l’insicurezza, anche dopo aver condiviso la testimonianza del rapimento del nostro fratello Pier Luigi e analizzato ampiamente le conseguenze nella nostra Chiesa e comunità”.

“A Dosso, dopo averci pensato tante volte, abbiamo deciso lavorare per lo sviluppo delle nostre comunità di base, strutturare e rafforzare il gruppo dei giovani e accrescere lo spirito missionario nella parrocchia.”
Il Niger è un paese molto vasto per area, culture ed etnie: Tuareg, Songhay, Hausa, Gurmantchés... nei modi e negli stili di vita... Il fiume Niger è stato il canale che hanno attraversato nei secoli popoli, culture, credenze ed esperienze di straordinaria ricchezza e diversità. “Ci si sente piccolissimi di fronte a tutta questa magnificenza”, conclude il sacerdote.

(Fonte: Fides; Foto: Società Missioni Africane)