Spaccatura (irreversibile?) nella Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale

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Si accentua il processo di polarizzazione nel Sahel tra Stati “moderati” filo-occidentali e Stati rivendicanti l’indipendenza da logiche neocoloniali, pur appoggiandosi a potenze extra africane come Russia e Cina.

Il 6 luglio, Mali, Burkina Faso e Niger hanno dato vita alla Confederazione degli Stati del Sahel. I tre Paesi, retti da regimi militari che hanno preso il potere con dei golpe, avevano avviato da tempo un cammino di avvicinamento per far fronte comune alle pressioni occidentali e soprattutto a quelle della CEDEAO/ECOWAS (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale).

Quest’ultima - ricorda l'agenzia vaticana Fides - aveva imposto sanzioni ai golpisti perché restaurassero la democrazia. I tre Paesi dopo aver creato l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES) nel settembre 2023, avevano dichiarato la loro uscita dalla CEDEAO nel gennaio di quest’anno.

A marzo i tre aderenti all’AES hanno quindi creato una forza comune per combattere i gruppi jihadisti che minacciano i loro territori. Infine al vertice di Niamey (Niger) del 6 luglio hanno deciso di creare una vera e propria confederazione che va oltre alle intese già raggiunte sulla difesa comune, per includere materie come finanza, economia, infrastrutture, sanità e istruzione.

L’annuncio del 6 luglio è stata fatto il giorno prima del vertice della CEDEAO che si è aperto il 7 ad Abuja, la capitale federale della Nigeria, il cui Presidente Bola Ahmed Tinubu aveva preso una posizione dura nei confronti delle giunte militari saheliane. Una posizione che non si era però tradotta in un intervento militare dei Paesi dell’Africa Occidentale per restaurare al potere i governi deposti, come auspicato dal Presidente nigeriano.

La spaccatura tra le due organizzazioni regionali può essere riassunta dalle parole del generale Abdourahamane Tiani, leader della giunta militare del Niger, che ha invitato a costruire “una comunità lontana dal controllo delle potenze straniere”, aggiungendo che i popoli dei tre Paesi hanno "irrevocabilmente voltato le spalle alla CEDEAO", vista come sottomessa all’influenza di Parigi. Dal canto suo il nuovo “uomo forte” del Burkina Faso, il capitano Ibrahim Traoré, ha accusato i governi di Costa d’Avorio e Benin di volere destabilizzare il suo Paese.

In risposta alla creazione della Confederazione degli Stati del Sahel, il capo della Commissione della CEDEAO, Omar Alieu Touray, ha affermato che i tre Paesi rischiano "l'isolamento diplomatico e politico" e la perdita di milioni di euro in investimenti, oltre alla possibile introduzione di un visto per i loro abitanti che intendono recarsi negli Stati aderenti alla CEDEAO. Touray ha inoltre avvertito che “oltre alle numerose minacce legate alla pace e alla sicurezza, nonché alle sfide legate alla povertà, la nostra regione deve affrontare anche il rischio di disintegrazione”.

Un rischio tanto più elevato che i due blocchi sub-regionali, CEDEAO da un lato, AES dall’altro, sembrano essere risucchiati nella logica del conflitto tra potenze extra africane. Se da un lato, Francia e Stati Uniti rafforzano i legami militari con alcuni Paesi della CEDEAO (in particolare la Costa d’Avorio), dall’altro, i tre membri dell’AES, dopo aver espulso le truppe occidentali dal loro Paese, hanno avviato legami militari con la Russia.

In quest’ottica potrebbe essere inquadrata la visita in Burkina Faso di Saddam Haftar, figlio del generale Khalifa Haftar, “l’uomo forte” della Cirenaica che vanta ottimi rapporti con Mosca. Saddam Haftar, che è comandante dell’esercito nazionale libico, è giunto a Ouagadougou il 9 luglio, a soli tre giorni dalla proclamazione della Confederazione. Gesto interpretato da commentatori occidentali come ispirato da Mosca che vorrebbe così creare un “corridoio” sotto il suo controllo che si estende dal Mali fino alle coste mediterranee della Cirenaica.

[Questo articolo è stato pubblicato sul sito di Fides, al quale rimandiamo; Photo Credits: Fides]