India: Modi in campagna elettorale prova a seminare zizzania tra cristiani e musulmani
In un comizio nel Jharkhand alla vigilia ormai dell'ultimo dei sette appuntamenti con le urne il primo ministro indiano ha attaccato alcune scuole che hanno adottato il venerdì come giorno festivo al posto della domenica, sostenendo che "dopo gli indù adesso gli islamici combattono anche i cristiani". Ha inoltre giurato che i musulmani "non saranno mai ammessi ai sussidi per dalit e tribali". Ne riferisce AsiaNews.
Un comizio elettorale a Dumka nello Stato settentrionale del Jharkhand alla viglia della settimana e ultima tornata delle elezioni politiche in India è diventato ieri per il premier Narendra Modi un’occasione per provare a gettare zizzania tra cristiani e musulmani, le due più folte minoranze del Paese. Per prendere di mira il governo del Jharkhand – guidato da una forza politica locale alleata del Congress, con i nazionalisti indù del Bjp all’opposizione - si è scagliato contro i risultati di un’indagine da cui è emerso che alcune scuole di Jamtara hanno cambiato il giorno festivo al venerdì invece della domenica universalmente accettata in India. “Prima i musulmani hanno attaccato gli indù. Adesso combattono anche i cristiani”, ha dichiarato Modi.
In realtà - annullando la decisione presa due anni prima da 43 scuole statali di cambiare il giorno settimanale di riposo al venerdì - il governo guidato dal Jharkhand Mukti Morcha (JMM), nel 2022, aveva ripristinato la domenica come giorno ufficiale di vacanza. In alcune scuole nelle aree di Jamtara - dove è forte la presenza musulmana - questa indicazione non sarebbe stata seguita. Anche se il deputato locale Irfan Ansari invita a non dare “a una questione banale una connotazione settaria”.
Nel comizio Modi ha anche ribadito l’affermazione secondo cui il blocco INDIA (lo schieramento che riunisce le forze dell’opposizione) aprirà ai musulmani “su base religiosa” le quote di posti di lavoro e altri benefici che la legge indiana riserva alle categorie svantaggiate. “Giurò che finché sarò in vita, non riusciranno a strappare la riserva ai tribali, ai dalit, alle classi estremamente arretrate per darla ai musulmani che fanno il ‘jihad del voto’...”, ha detto Modi. Quella per l’inclusione nel sistema delle quote anche di dalit e tribali cristiani è una battaglia che da anni anche i cattolici indiani portano avanti, ma è sempre stata respinta dai nazionalisti indù, gli stessi che puntano il dito contro le cosiddette “conversioni forzate”. E proprio nel Jharkhand, al servizio delle locali popolazioni tribali, ha vissuto il suo impegno per tanti anni p. Stan Swamy, il gesuita indiano morto di Covid nel 2021 dopo quasi 9 mesi trascorsi in carcere a 84 anni per false accuse di favoreggiamento del terrorismo, nonostante le ripetute sollecitazioni giunte a Modi per la sua liberazione.
Proprio contro una visione settaria della società la Conferenza episcopale indiana si era espressa con chiarezza nel documento con cui aveva indetto per lo scorso 22 marzo una giornata di digiuno e di preghiera in vista del voto. Quel testo denunciava l’affermarsi di "atteggiamenti divisivi, discorsi di odio e movimenti fondamentalisti che erodono l'ethos pluralista che ha sempre caratterizzato il nostro Paese".
[Questo articolo è stato pubblicato sul sito di AsiaNews, al quale rimandiamo; Photo Credits: AsiaNews]