Indonesia: nel "tunnel della fraternità" che collega la cattedrale e la moschea, in attesa di papa Francesco

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Di Paolo Affatato (da Fides)

Jakarta - I pellegrini non ancora lo attraversano perchè il "tunnel della fraternità", come è stato ribattezzato, sarà inaugurato ufficialmente nel prossimo autunno. Ma l'opera è già stata completata e attende solo di essere aperta al pubblico, in special modo ai fedeli cristiani e musulmani, che già ne sono entusiasti. Si tratta del sottopasso che collega la cattedrale cattolica di Jakarta alla moschea Istiqlal, edificio prospiciente al tempio cristiano. Nel cuore della capitale dell'Indonesia, proprio in piazza dell'indipendenza - luogo di notevole valore per l'identità nazionale - le due imponenti strutture si guardano benevolmente l'un l'altra a distanza ravvicinata, quasi a specchiarsi l'una nell'altra, frutto di una scelta architettonica e urbanistica che, fin dalle origini, volle intendere e simboleggiare una comunanza di intenti, una visione di convivenza che è radicata nella nazione indonesiana.

Questa visione è stata ulteriormente rafforzata dall'edificazione e dal restauro di quel sottopasso (in principio un semplice sottopasso stradale) che, grazie all'idea del presidente indonesiano Joko Widodo - ora presidente uscente, lascerà proprio in autunno al successore, il neoeletto Prabowo Subianto - è diventato il simbolo di osmosi, via per lo scambio continuo di visite, un percorso di amicizia umana e spirituale che caratterizza, in definitiva, il volto della grande metropoli e tutta la vasta e plurale società indonesiana.

In principio fu la cattedrale, edificio neogotico costruito nella prima metà del 1800 dopo che il Commissario generale di Batavia (antico nome di Jakarta) della Compagnia olandese delle Indie orientali concesse il terreno per costruire una chiesa cattolica, che nel 1829 venne intitolata "Nostra Signora dell'Assunzione". Dati alcuni problemi strutturali, l'edificio venne ricostruito nell'ultimo decennio del secolo: tra il 1891 e il 1901 padre Antonius Dijkmans, SJ ne curò la nuova struttura architettonica e, grazie al contributo dell'architetto M.J. Hulswit, la nuova chiesa fu consacrata da mons. Edmundus Sybrandus Luypen, SJ, Vicario apostolico di Batavia, il 21 aprile 1901. Dopo il recente restauro concluso nel 2002 , la chiesa mostra tutto il suo splendore e costituisce un punto di riferimento per pellegrinaggi da tutta l'Indonesia. In fondo alla navata destra, una statua della Pietà è luogo di intensa preghiera. Marta, docente quarantenne dice a Fides che "viene ad affidare tutte le sue difficoltà e sofferenze, perchè Maria e Gesù possano accoglierle, donando consolazione e forza".

Nell'interno della chiesa spicca oggi uno speciale "counter", un dispositivo elettronico che segna sul display “- 59” ovvero i giorni che mancano alla visita di Papa Francesco (che sarà in Indonesia dal 3 al 6 settembre) proprio in cattedrale. E, a vegliare sui fedeli, a sinistra dell’altare maggiore vi è la statua di “Maria, madre di tutte le etnie”, immagine realizzata nel 2015 per donare alla Madonna tratti “più familiari” ai fedeli d’Indonesia, poi adottata dall'Arcivescovo di Jakarta, il Cardinale Ignatius Suharyo, come emblema dell’unità nazionale. La Vergine indossa un abito tradizionale giavanese chiamato "kebaya". Sul suo petto campeggia il “Garuda Pancasila”, uccello che è tradizionale simbolo dell’Indonesia, mentre il capo è ornato di un velo bianco e rosso, i colori della bandiera indonesiana, che indicano anche i valori di coraggio e santità. Sulla corona è raffigurata una mappa del Paese che si affida alla protezione di Maria e che accoglierà papa Francesco chiedendo la sua benedizione.

Al silenzio dell'interno fa da contrappunto il festoso chiasso al di fuori della chiesa: i bambini di una scuola cristiana protestante di Nord Jakarta, accompagnati da genitori e docenti, celebrano allegramente la loro visita alla chiesa e al museo annesso, tappa di un pellegrinaggio nei luoghi sacri della città. Accanto a loro, i ragazzi della parrocchia cattolica di San Domenico a Bekasi (sobborgo della capitale), impegnati nel movimento della “Infanzia missionaria”, nelle locali Pontificie Opere Missionarie, passano una giornata di ritiro spirituale nel complesso della cattedrale: il loro motto è "avere fede e donare Gesù" a tutti coloro che incontrano.

Altrettanto gremita, luogo di socializzazione e di riposo, per molti meta di una gita domenicale, è la moschea Istiqlal, moderna e maestosa struttura (la più grande moschea nel Sudest asiatico) edificata per commemorare l'indipendenza indonesiana e chiamata "Istiqlal" che significa, appunto, in arabo "indipendenza" o "libertà". Bambini, giovani, donne, anziani, famiglie intere giunte per un pic-nic, passano un momento di relax nell’ampio spazio fuori dal tempio o nel suo accogliente cortile che, con i suo portici, offre un po’ di riparo dalla calura della stagione secca. I fedeli musulmani, come da tradizione, lasciano poi le calzature e si addentrano nella immensa sala di preghiera, chinandosi in adorazione sul tappeto rosso che ricopre il pavimento, tra imponenti pilastri argentei e la cupola che cattura uno spazio a perdita d’occhio.

Anche se non c'è una celebrazione speciale (la riunione di preghiera è il venerdì) gli altoparlanti rimandano la predicazione del grande Imam K.H. Nasaruddin Umar. L’uomo, nei mesi scorsi - ricevuta una conferma ufficiosa - non ha saputo trattenere la gioia e - spiazzando sia il governo sia la Conferenza episcopale cattolica dell’Indonesia - ha dato per primo ai mass-media l'annuncio che Papa Francesco sarebbe venuto a visitare il suo tempio, dove il pontefice avrà un incontro con i leader religiosi di varie fedi. "Il messaggio di Papa Francesco è anche la missione della moschea Istiqlal, cioè trasmettere umanità, spiritualità e civiltà, senza distinzioni tra religione, etnia, lingua. L'umanità è una sola", ha detto serafico, esprimendo l’attesa e la soddisfazione della comunità musulmana di Jakarta per l'arrivo del pontefice.

L’idea di costruire quella casa di culto nacque nel 1949 (dopo la dichiarazione d'indipendenza dell’Indonesia dai Paesi Bassi) da Wahid Hasyim, allora Ministro per gli affari religiosi. La commissione per l’edificazione fu istituita nel 1953, sotto la supervisione del primo presidente indonesiano Sukarno, che volle costruire la moschea a piazza Merdeka (piazza indipendenza). Il presidente e tutti i membri del governo, inoltre, rimarcarono che la scelta di erigere la moschea di fronte alla Cattedrale di Giacarta intendeva simboleggiare l'armonia religiosa e la tolleranza insite nella Pancasila, la "Carta dei cinque principi", la filosofia nazionale che è alla base della Costituzione.

Quello spirito non è affatto smarrito e si avverte ancora oggi mentre i fedeli musulmani parlano con fierezza del "tunnel del silaturahmi" che collega la loro casa alla chiesa cattolica. L’espressione è quanto mai pregnante: "Silaturahmi", nel contesto e nella cultura indonesiana – spiegano gli studiosi – indica una forma di interazione sociale attraverso cui si mantengono salde relazioni interpersonali, come nella parentela, o nei legami educativi, economici, sociali e religiosi. "Silaturahmi", temine usato specificamente dai musulmani indonesiani, vuol dire "l'intenzione di coltivare e curare una relazione umana".

C'è un desiderio, c’è l’intenzione di mantenere buone relazioni, in un “dialogo di vita” fatto di pratiche amicali, di gesti semplici e di benevolenza gratuita. Il Cardinale Ignatius Suharyo e l’imam Nasaruddin Umar li coltivano con quotidiana mitezza ed empatia, che si esprimono plasticamente attraverso quel tunnel, un canale sempre aperto che, dopo il restauro completato nel 2022, consentirà al flusso di fedeli, in entrambe le direzioni, di ammirare le opere dell'architetto indonesiano Sunaryo e dello scultore Aditya Novali. L’artista ha realizzato dei bassorilievi che adornano le pareti del sottopasso rivestito in marmo: due mani che si toccano per "dare un’idea di umiltà generata dall’interiorità dell’animo, per cui ognuna delle due avverte la connessione e completa l’unità”, si legge nell’illustrazione della scultura, realizzata sia “in positivo” (a rilievo) che “in negativo” (con lo scavo) sulle pareti del tunnel.

E mentre il visitatore procede sul pavimento dove sono disegnati con il granito cerchi concentrici , "simbolo di speranza che dona nuova luce al cammino", si apprende che Papa Francesco non potrà attraversare quel sottopasso, ipotesi esclusa dalle autorità per motivi di sicurezza. Ma ciò non intacca minimamente l’atmosfera, la gioia, l’entusiasmo palpabile, sia nel comunità dei cattolici, sia al di là della strada, tra la gente del Profeta, che sorride, pronta ad accogliere ed abbracciare l'uomo vestito di bianco.

[Questo articolo di Paolo Affatato è stato pubblicato sul sito di Fides, al quale rimandiamo; Photo Credits: Fides]