Pakistan: muore per le gravi ferite il cristiano aggredito a Sargodha per presunta blasfemia

Condividi l'articolo sui canali social

Il presidente dei vescovi cattolici, "introdurre leggi contro chi fabbrica false accuse, o i cristiani e le altre minoranze non si sentiranno mai al sicuro".

E' morto questa mattina, 3 giugno, nell'ospedale di Rawalpindi Nazir Masih, il cristiano 72enne aggredito e percosso dalla folla il 25 maggio scorso a Sargodha, località del Punjab pakistano, in seguito all'accusa di presunta "blasfemia". Riferisce l'agenzia vaticana Fides che, come comunicato dalle autorità dell'ospedale, l'uomo è deceduto in seguito alle lesioni e alle ferite riportate, alcune delle quali alla testa.

L'uomo era stato ingiustamente accusato di aver profanato il Corano nella colonia Mujahid a Sargodha. Una folla armata di bastoni, pietre e altre armi si era radunata davanti all'abitazione di Masih, proprietario di una piccola fabbrica di calzature nella zona, con l'intento di punirlo.  L'intervento della polizia lo aveva salvato dal linciaggio, ma l'uomo è stato comunque ferito gravemente, e prima trasportato all'ospedale locale, poi trasferito in quello di Rawalpindi per cure e interventi chirurgici, in prognosi riservata. Oggi il decesso.

L'avvocato cattolico Khali Tahir Sandhu, senatore del Punjab e ministro per i diritti umani nel governo della provincia, commenta all'Agenzia Fides: "È con il cuore pesante e con profondo dolore che abbiamo appreso la notizia. La sua morte è una perdita devastante che pesa sui nostri cuori e testimonia la violenza insensata, causa della sua scomparsa. Era un membro caro della nostra comunità e la sua prematura scomparsa lascia un vuoto. Porgiamo le nostre più sentite condoglianze alla sua famiglia e a quanti lo conoscevano e amavano".

Aggiunge il ministro Sandhu: "La comunità cristiana e le altre minoranze religiose si chiedono quando tale brutalità cesserà in Pakistan. Imploriamo giustizia e pace e restiamo uniti nel condannare ogni forma di violenza e discriminazione. Ci auguriamo che tutti gli uomini di buona volontà si uniscano a noi e ci sostengano nel chiedere giustizia per le vittime e nel rendere questo caso un esempio per punire i colpevoli e fermare gli estremisti".

Il grave episodio di Sargodha - che l'avvocato Sandhu aveva definito "mobocracy" cioè "potere violento della folla, che si impone sulla legge" - aveva causato  proteste e un'ondata di indignazione in Pakistan e in tutto il mondo, soprattutto perché le accuse di blasfemia si sono rivelate infondate, evidenziando l'abuso della legge per prendere di mira le minoranze religiose e in particolare i cristiani.

In Pakistan si sono tenute nei giorni scorsi  manifestazioni in diverse città, come  Peshawar e Karachi. I manifestanti hanno condannato l'incidente e hanno chiesto un'indagine trasparente da parte del governo auspicando un'azione legale verso quanti lanciano false accuse.

Anche il Consiglio dell'Ideologia Islamica, presieduto da Raghib Hussain Naimi, ha esortato i tribunali speciali a indagare sull'incidente di Sargodha "per punire quanti hanno  commesso crimini atroci", rimarcando l'urgenza di  prevenire violenza della folla. Il  Consiglio ha definito gli attacchi “spregevoli” e “non islamici” e ha chiesto che i colpevoli (la polizia ha arrestato 44 persone) vengano  assicurati alla giustizia.

Dopo la morte di Masih, mons. Samson Shukardin, presidente della Conferenza Episcopale Cattolica del Pakistan, ha affermato che, a meno che non vengano approvate leggi che dichiarino reato fabbricare accuse di blasfemia, i cristiani e le altre minoranze religiose non si sentiranno mai al sicuro. Tali incidenti non potranno che aumentare a meno che le autorità pakistane non reprimano quella minoranza di musulmani che falsifica le accuse, impedendo così alle folle di terrorizzare le vittime, le loro famiglie e i vicini.

In un colloquio con Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) il vescovo Shukardin ha dichiarato: "È molto importante che venga introdotta una normativa in base alla quale coloro i quali hanno accusato ingiustamente qualcuno di blasfemia siano condannati, anche a pene detentive". Il presule ha sottolineato che, poiché l'analfabetismo è comune tra i cristiani, è improbabile che la maggior parte di loro possa commettere blasfemia secondo la fattispecie prevista dall’art. 295B del codice penale, il quale prevede l'ergastolo per la profanazione del Corano.

Il  vescovo, che è anche presidente della Commissione cattolica nazionale per la Giustizia e la Pace, ha altresì accusato le autorità pakistane di non aver reso giustizia ai cristiani vittime delle violenze che, lo scorso agosto, hanno interessato il distretto di Jaranwala, sempre nel Punjab e anche in questo caso per una falsa accusa di blasfemia. Mons. Shukardin ha avvertito che questo e altri esempi di inerzia del governo hanno incoraggiato a usare le controverse norme sulla blasfemia contro le minoranze innocenti, e ha sottolineato che solo la pressione straniera indurrà il Pakistan ad agire. Il Paese "ha bisogno di pressioni dall'estero, dai governi nei confronti del governo", ha concluso.

[Photo Credits: Pakistan Christian Post]