La 'contropartita' all'Iran per la liberazione di Cecilia Sala: Nordio chiede il rilascio di Abedini
ROMA - Il governo italiano 'paga' la contropartita all'Iran per la liberazione della giornalista Cecilia Sala. Non può che leggersi così la decisione del ministro della Giustizia Carlo Nordio che "ha depositato alla Corte di Appello di Milano la richiesta di revoca degli arresti per il cittadino iraniano Abedini Najafabadi Mohammad", come si legge in una nota ufficiale del Ministero diffusa oggi. Abedini è attualmente recluso nel carcere milanese di Opera, su mandato degli Stati Uniti d'America.
Secondo il comunicato del Ministero della Giustizia, riportato dall'ANSA, "in forza dell'articolo 2 del trattato di estradizione tra il governo degli Stati Uniti d'America e il governo della Repubblica italiana possono dar luogo all'estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti, condizione che, allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente". E la prima condotta ascritta al cittadino iraniano di "associazione a delinquere per violare l'Ieepa (International emergency economic powers act - legge federale statunitense, ndr) non trova corrispondenza nelle fattispecie previste e punite dall'ordinamento penale italiano", viene precisato.
Inoltre, "quanto alla seconda e terza condotta, rispettivamente di 'associazione a delinquere per fornire supporto materiale ad una organizzazione terroristica con conseguente morte' e di 'fornitura e tentativo di fornitura di sostegno materiale ad una organizzazione terroristica straniera con conseguente morte', nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari".
L'imprenditore iraniano Mohammed Abedini è in carcere in Italia da metà dicembre per via di un mandato di arresto emesso dagli Stati Uniti, con l'accusa di aver esportato dagli Stati Uniti all’Iran componenti elettronici usati per la produzione di droni, violando le sanzioni e le leggi sulle esportazioni e rifornendo un’organizzazione terroristica, che peraltro aveva compiuto un attacco in cui erano morti soldati americani. Va detto comunque che quella dei "pasdaran" iraniani (i "guardiani della rivoluzione") è riconosciuta come organizzazione terroristica dagli Stati Uniti ma non dall'Italia. Abedini non era accusato di nessun crimine in Italia e si trovava in carcere esclusivamente su richiesta statunitense.
Tre giorni dopo il suo arresto, il 19 dicembre scorso è stata arrestata a Teheran - dove si trovava da alcuni giorni con un regolare visto giornalistico - la reporter italiana Cecilia Sala, rinchiusa quindi nel carcere di Evin senza un'accusa specifica se non un generico annuncio pubblico di aver violato "le leggi della Repubblica islamica". Ben presto si è pensato che il regime degli ayatollah volesse poter usare la 29/enne giornalista come 'merce di scambio' per il rilascio di Abedini e comunque contro la sua estradizione negli Usa.
Il 2 gennaio l’ambasciatore iraniano in Italia, Mohammad Reza Sabouri, aveva legato ufficialmente il caso di Sala a quello di Abedini, ricorda Il Post, dopo giorni in cui la stampa italiana aveva parlato di una possibile connessione fra i due arresti.
Sabouri aveva detto che le condizioni detentive di Sala in Iran sarebbero state legate in modo reciproco a quelle di Abedini, nonostante al tempo Sala fosse detenuta nella prigione di Evin in una cella di isolamento in condizioni severe e in assenza di accuse formali: dormiva in terra, con la luce sempre accesa e le erano state permesse solo poche brevi telefonate e una visita dell’ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei. Abedini si trovava invece in un carcere comodo da raggiungere, dove era detenuto in condizioni molto migliori, e si era incontrato più volte con il suo avvocato e alcuni diplomatici iraniani.
Nonostante l’Iran avesse parlato nello specifico di reciprocità nel trattamento dei due detenuti, era piuttosto chiaro che a essere legati fossero più in generale i due casi, e che fosse possibile che per liberare Sala l’Iran pretendesse il rilascio di Abedini.
La questione è stata al centro della trattativa diplomatica tra le autorità diplomatiche e governative italiane e il regime di Teheran per la liberazione di Cecilia Sala, come pure del colloquio della premier Giorgia Meloni con il presidente eletto Donald Trump nella residenza di quest'ultimo in Florida, a Mar-a-Lago, per averne un via libera senza ulteriori pretese dagli Usa.
La liberazione di Abedini è apparsa così, tra le condizioni, la principale da poter concedere alla Repubblica islamica per il rimpatrio della giornalista, la cui scarcerazione è avvenuta mercoledì 8 gennaio. Ora, senza attendere le eventuali decisioni della Corte d'Appello di Milano sulla detenzione di Abedini, il provvedimento del ministro Nordio ne annulla la richiesta di consegna agli Usa. E tutta la vicenda può dirsi giunta a conclusione.
[Foto: Difesa Magazine]