L'abbraccio del Papa all'israeliano e al palestinese accomunati dal dolore per la perdita di parenti
Il tema della pace al centro della visita a Verona. "Non sarà mai frutto della diffidenza, dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri".
VERONA, 18 MAG - L'abbraccio di papa Francesco con l'israeliano Maoz Inon, al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas il 7 ottobre, e il palestinese Aziz Sarah, al quale l'esercito israeliano ha ucciso il fratello, ora amici e collaboratori, applauditi all'Arena di Verona con una standing ovation dei 12.500 presenti, è l'immagine che resterà di questa visita del Pontefice nella città scaligera, tutta percorsa dal tema della pace.
"Credo che davanti alle sofferenze di questi due fratelli, che è la sofferenza di due popoli, non si può dire nulla - ha commentato il Pontefice durante l'evento 'Arena di Pace - Giustizia e Pace si baceranno' -. Loro hanno avuto il coraggio di abbracciarsi. E questo non solo è coraggio, è testimonianza di volere la pace, ma anche è un progetto di futuro, abbracciarsi".
Secondo Francesco, "ambedue hanno perso i familiari, la famiglia si è rotta per questa guerra. A che serve la guerra? Per favore facciamo un piccolo spazio di silenzio, perché non si può parlare troppo di questo, ma sentire, e guardando l'abbraccio di questi due dentro di sé si preghi si e prenda una decisione interiore per fare qualcosa per far finire queste guerre".
"Pensiamo ai bambini in questa guerra in tante guerre, quale futuro avranno? - ha aggiunto - Mi vengono in mente i bambini ucraini che vengono a Roma: non sanno sorridere, i bambini nella guerra perdono il sorriso". "Pensiamo ai vecchi che hanno lavorato tutta la vita per portare avanti questi due paesi e penso alla loro sconfitta. Un sconfitta storica, una sconfitta di tutti noi - ha detto ancora -. Preghiamo per la pace e diciamo a questi due fratelli che portino questo desiderio nostro di lavorare per la pace al loro popolo. Grazie".
Il Papa ha risposto alle domande di associazioni e operatori di pace, ha assistito a video di donne israeliane e palestinesi, ascoltato testimonianze. "Per porre fine ad ogni forma di guerra e di violenza bisogna stare a fianco dei piccoli, rispettare la loro dignità, ascoltarli e fare in modo che la loro voce possa farsi sentire senza essere filtrata", ha sottolineato. Mentre "oggi credo che il Premio Nobel che possiamo dare a tanti di noi è il Premio Nobel del Ponzio Pilato, perché siamo maestri nel lavarci le mani", ha puntato il dito".
Inoltre, "il primo passo da fare per vivere in modo sano tensioni e conflitti è riconoscere che fanno parte della nostra vita, sono fisiologici, quando non travalicano la soglia della violenza. Quindi non averne paura". Poi "ricercare in un conflitto le ragioni di ogni parte, quelle emergenti e, se si riesce, anche quelle tenute nascoste, quelle di cui non si è consapevoli appieno". "Questo è possibile attraverso il dialogo, che è fatto di condividere la pluralità. Il difetto delle dittature è di non ammettere la pluralità", ha aggiunto: "Una società dove non ci sono conflitti è una società morta. Una società dove si nascondo i conflitti è una società suicida. Una società dove si prendono i conflitti per mano, è una società di futuro".
In riferimento ai video-appelli proiettati di mamme ebree e palestinesi, "il mondo ha bisogno di guardare alle donne per trovare la pace. Le testimonianze di queste coraggiose costruttrici di ponti fra israeliani e palestinesi ce lo confermano", ha detto il Papa. "Sono sempre più convinto - ha affermato - che 'il futuro dell'umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. È soprattutto nelle mani dei popoli; nella loro capacità di organizzarsi e anche nelle loro mani che irrigano, con umiltà e convinzione, questo processo di cambiamento'".
"La pace non sarà mai frutto della diffidenza, dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri", ha avvertito nel suo intervento all'Arena. "Dice San Paolo: 'Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato' (Gal 6,7) - ha concluso Francesco -. Non seminiamo morte, distruzione, paura. Seminiamo speranza! È quello che state facendo anche voi, in questa Arena di Pace. Non smettete. Non scoraggiatevi. Non diventate spettatori della guerra cosiddetta 'inevitabile'. Come diceva il vescovo Tonino Bello: 'In piedi costruttori di pace!'".
Ma il tema della pace inevitabilmente ha fatto capolino anche negli altri appuntamenti della giornata, dall'incontro con i sacerdoti e i consacrati nella Basilica di San Zeno, a quello con bambini e ragazzi nella piazza antistante, dall'incontro e il pranzo con i detenuti nella casa circondariale di Montorio, fino alla messa davanti a 32 mila persone allo Stadio Bentegodi.
"Le bambine e i bambini stamattina nell'accoglierla davanti alla piazza di san Zeno hanno invocato 'un cielo senza nuvole', cioè un modo senza guerra. Subito dopo in Arena, Lei ci ha persuasi che la pace è un dono che nasce dall'alto, ma si fa strada dal basso - ha detto il vescovo di Verona, mons. Domenico Pompili, nelle sue parole di ringraziamento al termine della messa -. La sua parola limpida e senza sbavature afferma che la guerra non è un esito inevitabile. Dipende da ciascuno di noi. La guerra, infatti, nasce dalle azioni che compromettono il benessere sociale e l'equità economica, che mettono a dura prova la tenuta democratica, che negano l'ecologia integrale, che impediscono la convivenza e la mobilità dei popoli, che implementano l'industria delle armi".
Per questo, ha aggiunto il presule come prospettiva che nasce da questa giornata, "desideriamo impegnarci ad avviare processi capaci di invertire la rotta ed immaginare un mondo in cui l'amicizia tra le persone e la cooperazione tra i popoli inventino nuove strade per uno sviluppo integrale".
[Photo Credits: Vatican Media]