Israele unito nella reazione contro Hamas, ma la leadership di Netanyahu potrebbe non durare
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è scusato per un post cancellato su X, ex Twitter, in cui incolpava i capi militari e di sicurezza israeliani per i fallimenti che hanno consentito l'attacco di Hamas il 7 ottobre. Il post è stato accolto con severe reazioni negative, anche da parte di funzionari del gabinetto di guerra di Netanyahu, che rivelano pubblicamente le spaccature all’interno della leadership israeliana, ha riferito il New York Times.
Tra i commenti alla situazione, quello della World Politic Review, che ricorda come anche prima del 7 ottobre il panorama politico di Israele fosse già gravemente fratturato, con la principale linea di faglia che era quella tra Netanyahu e la coalizione “tutti tranne Netanyahu”. Da quando è tornato al potere lo scorso anno con un governo che comprendeva partiti di estrema destra favorevoli ai coloni, il divario non ha fatto altro che esacerbarsi.
Com’era prevedibile, l’attacco di Hamas ha creato in Israele un intenso raduno “round the flag effect” (tutti attorno alla bandiera). I sondaggi suggeriscono che gran parte dell’opinione pubblica sostiene la spietata ritorsione del Paese contro Gaza, anche se Israele deve far fronte a una crescente reazione internazionale per le conseguenze umanitarie dell’assalto e per la sua violazione delle leggi di guerra.
Tuttavia, per quanto forte possa essere questo effetto di rally, non è stato esteso a Netanyahu. Per la prima volta nella sua carriera come primo ministro israeliano per 14 degli ultimi 16 anni, non è più sinonimo della bandiera attorno alla quale si stanno radunando gli israeliani.
In effetti, le politiche divisive di Netanyahu sono ampiamente accusate delle carenze nella sicurezza che hanno consentito l’attacco di Hamas. Tuttavia, a differenza di altri alti funzionari, incluso il ministro della Difesa israeliano, Netanyahu ha rifiutato di accettare qualsiasi responsabilità per il fatto che Israele sia stato colto così alla sprovvista. Ora sembra sempre più chiaro che non sopravvivrà politicamente una volta finita la guerra a Gaza. Potrebbe anche non durare così a lungo.
Ancora più importante, tuttavia, la combinazione di un panorama politico fratturato e una popolazione decisa alla vendetta significa che la politica interna di Israele è attualmente costruita su basi febbrili che sono inadatte a combattere una guerra, soprattutto una che probabilmente sarà, come l'ha descritta lo stesso Netanyahu, “lunga e difficile”.
(Foto: Rawpixel.com/U.S. Department of State)